Andrea Nasti, ex arbitro di Serie C e vicino al passaggio alle serie maggiori, ha scelto di raccontare la sua storia a Le Iene. Ospite della trasmissione TerzoTempoNapoli il 27 novembre, Nasti è stato introdotto dal direttore Vincenzo Vitiello attraverso un articolo del 6 febbraio 2024. Nasti ha risposto alle polemiche sollevate da un arbitro anonimo in attività, il quale aveva denunciato anomalie all’interno del sistema arbitrale italiano.
Le difficoltà di chi rompe il silenzio
Nasti ha dichiarato: “Se qualcuno parla fuori dal coro della dirigenza e della governance attuale, purtroppo viene messo da parte”. Ha raccontato come, nel momento cruciale della sua carriera, il suo passaggio dalla Serie C alla Serie A e B sia stato ostacolato da “stranezze” legate al peso decisionale di designatori e a dinamiche territoriali.
Andrea Nasti: Un sistema sbilanciato. Il caso Foggia-Catanzaro
Spiegando i criteri di valutazione degli arbitri, Nasti ha evidenziato il peso eccessivo dei voti dei designatori rispetto a quelli degli osservatori. Un episodio emblematico riguarda una decisione presa durante la partita di Coppa Italia Foggia-Catanzaro. Nonostante il massimo voto ricevuto dall’osservatore, il designatore penalizzò Nasti. Anche un’udienza con il designatore Ciampi, che gli diede ragione, non cambiò il voto negativo assegnato.
Inchieste interrotte e rimborsi falsi
La storia di Nasti, raccontata anche a Le Iene, ha portato alla luce non solo problemi nelle carriere arbitrali ma anche presunti scandali sui rimborsi falsi. Secondo Nasti, l’inchiesta si è inspiegabilmente fermata proprio mentre emergevano irregolarità, come biglietti falsificati da parte di alcuni arbitri di Serie A.
Nasti: Errori tecnici o interessi di sistema?
Nasti ha parlato degli errori arbitrali del passato, sostenendo che ci sono “interessi molto importanti” dietro il sistema arbitrale, soprattutto in Serie A. Ha ricordato episodi emblematici come il mancato doppio giallo a Pjanic, osservando che alcune decisioni sembrano sempre favorire determinate squadre.
Scandali e ombre sul mondo arbitrale
Nasti ha denunciato una lunga serie di scandali, dall’epoca post-Calciopoli a oggi:
- Dismissioni e riammissioni sospette: i casi di Gavillucci, Minelli e Baroni.
- Frodi e rimborsi falsi: alcuni arbitri, come Giacomelli e La Penna, sono stati sospesi per irregolarità amministrative.
- Legami con la criminalità: l’ex capo della giustizia sportiva arbitrale, d’Onofrio, è stato arrestato per narcotraffico.
- Conti esteri e frodi fiscali: alcuni arbitri internazionali avrebbero ricevuto rimborsi non dichiarati dalla UEFA e dalla FIFA.
Nasti: Gravina e il silenzio sulle polemiche
Secondo Nasti, il presidente della FIGC, Gabriele Gravina, continua a difendere il sistema arbitrale nonostante gli scandali. “Gravina si è sempre girato dall’altra parte”, ha dichiarato, evidenziando come ogni giornata calcistica sia segnata da polemiche e accuse di parzialità, spesso peggiori rispetto ai tempi di Calciopoli.
Il protocollo VAR: un problema di interpretazione
Andrea Nasti punta il dito contro il VAR, definendolo “gestito da uomini” e soggetto a interpretazioni che variano secondo il protocollo. Una gestione che, secondo lui, manca di chiarezza e trasparenza, rendendo difficile comprendere la gravità delle decisioni.
Nasti sulla selezione degli arbitri: un sistema obsoleto
Criticando il metodo di selezione degli arbitri in Serie A e B, Nasti denuncia una struttura “anacronistica”. Gli arbitri vengono promossi basandosi su criteri tecnici superati, senza considerare qualità umane e caratteriali indispensabili per gestire la pressione mediatica e le personalità forti dei giocatori.
Arbitri e leadership: una formazione carente
Secondo Nasti, gli arbitri affrontano sfide complesse senza un’adeguata preparazione. La mancanza di formazione in leadership e gestione delle risorse umane crea difficoltà nel lavoro di squadra e nel controllo delle partite. “Nessuno fa un colloquio individuale o brainstorming con questi arbitri”, sottolinea.
Nasti: Il VAR come “seconda chance” per gli scartati
Nasti critica anche la gestione dei VAR: “Sono quasi tutti arbitri scartati dalla Serie A e B per motivi tecnici”. Questo solleva dubbi sull’affidabilità di chi è chiamato a rivedere e giudicare le azioni più controverse.
Problemi economici e insoddisfazione tra gli arbitri
Gli arbitri italiani non sono professionisti e ricevono solo rimborsi, con guadagni modesti rispetto al mondo del calcio. La cifra fissa per i diritti d’immagine varia in base agli anni di attività, mentre il gettone di presenza per una partita di Serie A è di 3600 euro lordi. La mancanza di stabilità economica e contratti pluriennali può influire sulle prestazioni e, in alcuni casi, favorire distorsioni come tentativi di corruzione.
Nasti: La pressione mediatica e il rischio di distorsioni
Gli errori contro grandi squadre come Juventus, Inter o Milan generano un’eco mediatica enorme, disincentivando gli arbitri dal prendere decisioni impopolari. Questa pressione, unita alla precarietà economica, crea un contesto in cui le offerte illecite trovano terreno fertile. Nasti cita un recente caso in Serie C, dove un arbitro è stato processato per aver truccato partite.
Una riforma necessaria, ma lontana
Nasti riconosce che una soluzione a breve termine per riformare il sistema arbitrale è difficile da individuare. “Nel lungo periodo, è necessario riformare completamente l’Associazione Italiana Arbitri”, sostiene, sottolineando l’importanza di modernizzare il sistema e investire su competenze umane e tecniche.
Giaquinto: Un protocollo “recepito”, ma mal gestito
Bruno Giaquinto, intervenendo sul tema del protocollo VAR, sottolinea che l’Italia si limita a recepire le norme stabilite dall’IFAB, l’organismo internazionale che gestisce il regolamento del calcio. “Il protocollo vigente è ineccepibile se letto letteralmente,” spiega Giaquinto, “ma il problema sta nell’uso che se ne fa, influenzato da limiti tecnici degli arbitri e da scelte discutibili.”
Arbitri al VAR: gerarchie che generano apprensione
Giaquinto denuncia l’ineguatezza delle designazioni che spesso vedono arbitri esperti in campo e colleghi meno esperti al VAR. Questa discrepanza, secondo l’ex arbitro, crea apprensione nel segnalare errori di colleghi più blasonati, soprattutto quando si tratta di arbitri con centinaia di presenze in Serie A.
Giaquinto: Una gestione delle designazioni fallimentare
Critiche dure vengono rivolte anche al designatore Gianluca Rocchi, accusato di assegnare arbitri inesperti a partite apparentemente facili ma che si rivelano complicate, come Napoli-Parma, Napoli-Como o Inter-Venezia. “Rocchi sta gestendo malissimo le designazioni,” afferma Giaquinto, evidenziando come gli errori siano il risultato di un approccio superficiale e inadatto.
L’accentramento di potere nell’AIA
Giaquinto descrive l’organizzazione dell’Associazione Italiana Arbitri (AIA) come una struttura verticistica: “Il presidente dell’AIA è quasi un despota,” afferma. Il presidente decide i componenti della commissione arbitrale, il designatore di Serie A e i presidenti dei comitati regionali, creando una dinamica politica che premia chi è allineato con la gestione vigente e penalizza gli altri.
Il caso di Inter-Napoli: una scintilla per il dibattito
Giaquinto lega le sue critiche all’episodio di Inter-Napoli, una partita chiave per il campionato e scenario di un rigore definito “inventato” dall’arbitro Mariani. “Conte ha sfruttato questa partita per alzare il polverone,” afferma, sottolineando come l’episodio sia emblematico delle criticità del sistema.
Una gestione che premia il consenso e non il merito
Il discorso di Giaquinto rafforza le osservazioni di Nasti, puntando il dito contro una struttura che penalizza la qualità in favore di scelte politiche e di convenienza. Entrambi concordano sulla necessità di riformare profondamente l’AIA per migliorare il livello arbitrale e ristabilire la fiducia nel sistema.
Giaquinto: La comunicazione arbitrale tra errori e giustificazioni improbabili
Monia Alloggio, moderatrice del dibattito, introduce con ironia il tema delle dichiarazioni degli ex arbitri opinionisti:
“Tranne Calvarese che da quando fa l’opinionista fa ancora più danni di quando arbitrava, lui ha detto che quello era rigore.”
Giaquinto risponde con un tono altrettanto tagliente:
“Io diciamo, non sono nessuno, però ricordo le partite di Calvarese ed è meglio che lasciamo il ricordo, quindi non lo nominiamo nemmeno.”
Un problema di accettazione dell’errore
Giaquinto sottolinea un problema strutturale nell’attuale governance dell’AIA: l’incapacità di riconoscere gli errori, che alimenta tensioni e polemiche.
“Non esiste compensazione, perché comporta un doppio errore, ma la pressione mediatica rende impossibile una direzione serena. Questo si vede dagli atteggiamenti del corpo e dal comportamento degli arbitri in campo.”
Riferendosi a Napoli-Roma, l’ex arbitro critica Massa non tanto per la mancata espulsione di Lukaku, ma per la gestione complessiva dei cartellini:
“Celik andava ammonito, Ndicka andava ammonito prima, Cristante pure. È questa gestione che rovina la partita e genera polemiche.”
Giaquinto: Comunicazione ambigua e giochi di parole
Giaquinto critica poi la partecipazione di Antonio Damato, componente della commissione arbitrale, alla trasmissione Open Bar:
“Damato pur di giustificare l’errore di Mariani, evidente anche dall’ultimo anello di San Siro, parla di un ‘rigore sotto gli standard’. Ma che significa? È prendere in giro le persone. Chi era in studio avrebbe dovuto alzarsi e accusarlo di disonestà intellettuale.”
Secondo Giaquinto, questa comunicazione ambigua non fa che esasperare allenatori e tifosi:
“Creano polemiche invece di spegnerle. Sono forme di comunicazione cervellotiche, che ti mandano in confusione e non ti permettono di replicare sul momento.”
Un sistema che danneggia il calcio italiano
Giaquinto approfondisce il tema della scarsa indipendenza dell’AIA, che contribuisce solo in misura limitata all’elezione del presidente della FIGC. Questo crea una mancanza di responsabilità e intervento da parte della Federazione.
La proposta di una riforma radicale emerge chiaramente:
“La Lega di Serie A dovrebbe istituire una propria componente arbitrale. Gli arbitri attuali non solo danneggiano le squadre, ma abbassano il livello del campionato, rovinandone l’immagine all’estero. Un campionato che perde valore è destinato a morire.”
Giaquinto: Episodi emblematici e il rischio di un calcio senza appeal
Giaquinto cita Atalanta-Udinese come esempio della confusione tecnica:
“Hien tocca il pallone col braccio con un doppio movimento verso l’alto, il VAR controlla per 30 secondi e solo grazie all’intuizione di un tecnico che fornisce l’immagine giusta si arriva a una decisione. Non è nemmeno merito dell’arbitro al VAR, ma del tecnico delle immagini!”
Conclude con una riflessione sul rischio di marginalizzazione del calcio italiano:
“Con questo modo di fare, il calcio italiano rischia di finire nel dimenticatoio. I tifosi di Milan, Roma o Atalanta restano per passione, ma al di fuori di questo bacino il campionato non ha appeal.”
Luigi Lentinio e la proposta di una squadra dedicata al VAR
L’ex calciatore e allenatore Luigi Lentinio ha chiesto chiarimenti sulla possibilità di creare una squadra dedicata esclusivamente alla gestione del VAR:
“Ho sentito che devono creare una squadra che gestisca unicamente il VAR, è vero e se è vero perché?”
Bruno Giaquinto ha risposto che un gruppo simile già esiste:
“Già esiste una componente arbitrale che si occupa solo di VAR.”
Lentinio ha ribattuto riportando le intenzioni attribuite a Gianluca Rocchi, designatore arbitrale:
“Pare che Rocchi abbia detto che voglia creare una squadra per gestire solo ed esclusivamente il VAR.”
Giaquinto: Scetticismo sulla nuova proposta
Giaquinto ha espresso dubbi sull’utilità di questa iniziativa, definendola “uno specchietto per le allodole”. A suo avviso, non rappresenta una vera soluzione ai problemi del sistema arbitrale.
La questione del VAR a chiamata
Il discorso si è poi spostato su un altro tema: il VAR a chiamata, ovvero la possibilità per allenatori o squadre di richiedere una revisione arbitrale durante la partita. Giaquinto si è dichiarato fermamente contrario, spiegando i rischi connessi:
“Il VAR a chiamata sarebbe l’ultima occasione per creare ancora più problemi. Se ci sono già due arbitri designati e pagati per gestire il VAR, perché l’allenatore dalla panchina deve chiedere di rivedere un episodio? Poi magari l’arbitro va a vedere e non cambia decisione. E cosa succede dopo? L’apoteosi: le squadre se ne vanno dal campo.”
Secondo Giaquinto, una simile dinamica rischierebbe di compromettere la regolarità e la conclusione delle gare, aggiungendo ulteriori tensioni e polemiche.
Un sistema di corporazione tra analogie e criticità
Durante il programma TTN, l’avvocato penalista Giuseppe Lauri ha descritto il mondo arbitrale come una corporazione, più che un sistema strutturato. Ha tracciato un parallelismo con i problemi del “Baronato” universitario, sottolineando che un tale modello non può funzionare in modo efficace.
Secondo Lauri, una possibile soluzione sarebbe introdurre criteri di ammissione che valutino sia le competenze tecniche sia le qualità fisiche e psicologiche, sia per gli arbitri di campo che per quelli assegnati al VAR. Tuttavia, ha denunciato anche la mancanza di personalità nella gestione arbitrale, evidenziando come il quarto uomo e l’arbitro centrale spesso non riescano a imporsi sui calciatori, generando dinamiche squilibrate tra giocatori prepotenti e altri più remissivi.
Ipotesi di nonnismo e selezioni discutibili
Lauri ha sollevato una domanda provocatoria: esiste forse un problema di nonnismo all’interno della corporazione arbitrale? Su questo tema è intervenuto Andrea Nasti, confermando che la qualità della selezione tecnica è mediocre. Nasti ha puntato il dito contro i dirigenti, specialmente nelle categorie inferiori di Serie C e D, accusandoli di essere scelti per ragioni politiche e non per competenza.
Questi dirigenti, secondo Nasti, non solo non possiedono le capacità necessarie per individuare gli arbitri migliori, ma non riescono nemmeno a formarli adeguatamente. Ha ricordato come, in passato, designatori incompetenti fossero spesso sostituiti da figure di maggiore esperienza per gestire riunioni tecniche, evidenziando una lacuna di leadership nei ranghi intermedi.
Nasti: Le conseguenze di una gestione inefficiente
Nasti ha descritto la Serie C come una “fucina” che dovrebbe formare i futuri arbitri internazionali per la Serie A e B, ma che fallisce clamorosamente in questo compito. La causa principale sarebbe l’incapacità dei dirigenti di valorizzare le qualità umane e tecniche degli arbitri, compromettendo la crescita del settore.
Secondo Nasti, figure emblematiche come Collina, Braschi o Farina non torneranno più, perché l’ambiente arbitrale attuale non riesce ad attrarre giovani talenti. Questo problema, legato alla mancanza di appeal della professione, mina il futuro dell’arbitraggio.
Episodi controversi e favoritismi
Un esempio eclatante di questi problemi riguarda Airoldi, un arbitro che, durante il passaggio dalla Serie D alla Serie C, assegnò un rigore chiaramente inesistente, poiché il fallo si trovava a oltre due metri fuori dall’area. Nonostante l’errore evidente, fu l’assistente a essere incolpato per salvare Airoldi, che comunque ottenne la promozione.
In quell’occasione, in tribuna erano presenti figure di spicco come Calcagno, responsabile della Serie D, che secondo Nasti si trovava in palese accordo con Airoldi. Questo episodio, definito emblematicamente “il nulla”, rappresenta un sistema che privilegia i favoritismi rispetto alla meritocrazia.
Le preoccupazioni sul futuro dell’arbitraggio italiano
L’ex calciatore Giovanni Palma ha rivolto una domanda cruciale agli arbitri presenti: “Questo sistema arbitrale potrebbe rovinare il calcio italiano come poc’anzi ha affermato il signor Giaquinto?” Palma ha espresso dubbi sulla gestione attuale dell’arbitraggio, suggerendo che potrebbe esserci una cattiva interpretazione delle decisioni arbitrali, potenzialmente finalizzate a influenzare i risultati delle partite, a sfavore di alcune squadre.
La risposta di Giaquinto: “Il sistema sta già rovinando il campionato”
Giaquinto ha risposto in modo diretto, confermando che, a suo parere, il sistema arbitrale sta già danneggiando il campionato e livellando verso il basso il livello del calcio italiano. Secondo lui, sarebbe necessario un intervento deciso nei confronti dell’AIA (Associazione Italiana Arbitri). Giaquinto ha poi accennato alle prossime elezioni interne all’AIA, che potrebbero portare a un cambio di governance. Ha osservato che Trentalance rappresenta la fazione opposta all’attuale dirigenza, guidata da Zappi, il quale è sostenuto dai principali arbitri di Serie A e anche dai “senatori” come Orsato. Nonostante le difficoltà, Giaquinto non esclude che, tramite il processo democratico, possa emergere una nuova leadership.
Possibile commissariamento dell’AIA: la proposta di Giaquinto
Giaquinto ha sottolineato che se la situazione non cambiasse rapidamente, si dovrebbe seriamente prendere in considerazione l’idea di un commissariamento dell’AIA. Ha spiegato che, se tutti gli arbitri italiani avessero la possibilità di esprimere liberamente le loro opinioni, senza timore di ripercussioni sulla loro carriera, emergerebbe un consenso unanime su alcuni temi. La maggior parte degli arbitri, secondo Giaquinto, condividerebbe le seguenti problematiche:
- Mancanza di libertà di espressione: Molti arbitri sono costretti a non dire ciò che pensano, per non compromettere la loro carriera o la loro posizione.
- Carico di lavoro e frustrazione: Gli arbitri, anche quelli dilettanti, sono sottoposti a richieste molto alte, come allenamenti professionistici, riunioni tecniche che possono occupare intere giornate, e raduni estivi. Questo eccessivo carico di lavoro, in combinazione con la pressione di dover mantenere elevati standard, può portare a una frustrazione crescente tra gli arbitri.
Giaquinto ha concluso sottolineando che, se l’AIA non riuscisse a cambiare nel breve-medio periodo, sarebbe necessaria una riforma radicale, anche tramite il commissariamento dell’organizzazione.
Fonte TerzoTempoNapoli.Com